Un viaggio tra i personaggi che a Biella contano
La vestimenta (femminile e singolare) è la traduzione, in piemontese, di abito, il completo di giacca, gilet e pantaloni che mio padre e mio nonno indossavano nelle occasioni speciali e, immancabilmente, alla domenica, il giorno della settimana in cui si poteva riposare, concedere la mattinata alla messa (gli uomini anche al parrucchiere), e le donne maritate, libere da impegni lavorativi, cucinavano un pranzo meno frettoloso del solito. Monsù Ramela rappresenta, nell’immaginario di chi l’ha ideato, il biellese di un tempo: ironico e canzonatorio, severo e paterrnalista, orgoglioso di indossare la vestimenta, confezionata con i tessuti dell’azienda nella quale lavorava. I monsù Ramela di allora non erano degli sprovveduti, leggevano i giornali, erano informati sui fatti della politica ed in particolare su tutto ciò che succedeva nella loro città. Come il Ramela che Michele Porta magistramente rappresenta nei suoi «disegni». Attento alle vicende di Palazzo Oropa non meno che ai problemi dell’ospedale e (non essendo più un giovanotto) delle case di riposo, elargisce i suoi consigli senza mai alzare i toni. Con il garbo che contraddistingue le persone educate. A bassa voce, ma con fermezza.
Marziano Magliola
Nell’immagine, Monsù Ramela, in compagnia di Roberto Azzoni, Marziano Magliola e un giovane Michele Porta